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GIUSEPPE CARUSO: ROMA, LA MALAVITA CAMBIA MA LA POLIZIA LA PRECEDE

Giuseppe Caruso questore di Roma e provincia-Questura

In Polizia da 36 anni e tra i principali protagonisti della lotta contro la malavita e il terrorismo, Giuseppe Caruso è giunto a dirigere la questura di Roma dopo una lunga esperienza compiuta in vari gradi della carriera e in varie località del nord e del sud d’Italia. Dopo gli incarichi di commissario e capo della squadra mobile e Digos nella questura di Bergamo, promosso vicequestore aggiunto passò alla questura di Reggio Calabria, quindi a quella di Milano come dirigente Digos e vicequestore vicario; promosso questore, diresse la questura di Crotone, quindi fu inviato a dirigere quella di Vicenza e poi quella di Padova. Dal nord di nuovo nel sud, era la volta della questura di Palermo. Una vita, quindi, trascorsa a indagare sui movimenti eversivi dell’organizzazione terroristica Prima Linea; a svolgere impegnativi servizi di ordine pubblico in occasione di incontri sportivi nazionali e internazionali; a perseguire pericolosi latitanti appartenenti alla ‘ndrangheta; a lottare contro il terrorismo interno e internazionale e contro bande di integralisti islamici; a fronteggiare i continui sbarchi di clandestini in Calabria. E ancora: a individuare bande dedite al traffico di stupefacenti, associazioni per delinquere di stampo mafioso, autori di omicidi, estorsioni, rapine; a contrastare le azioni dei no-global. Per la cattura di numerosi boss mafiosi tra cui i latitanti Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo, operazioni di rilievo internazionale, al questore Caruso sono stati conferiti numerosi riconoscimenti. Dal 25 agosto 2008, infine, Giuseppe Caruso è questore della provincia di Roma. Estremamente interessante è il suo giudizio sull’andamento della criminalità e sulla situazione dell’ordine pubblico nella capitale d’Italia.

Domanda. Qual è la situazione a Roma?
Risposta. Il consuntivo del 2009 è sotto gli occhi di tutti, ed è molto soddisfacente; riteniamo di aver bene assolto i compiti assegnatici. Nell’agosto del 2008, quando sono giunto, era stato appena siglato il patto per Roma sicura; per quanto concerne in particolare la questura, dovevamo contrastare l’abusivismo commerciale; frenare se non debellare la prostituzione che, come mi aveva rappresentato il sindaco Gianni Alemanno, era un problema sentito in maniera significativa da quasi tutti i romani; provvedere alla bonifica degli insediamenti abusivi di extra comunitari, specialmente nelle aree attigue all’Aniene e al Tevere. Ho contribuito all’elaborazione, da parte del gabinetto del sindaco, di un’ordinanza anti-prostituzione tale da consentire alle forze dell’ordine non di attuare semplici azioni di disturbo, dal momento che la prostituzione di per sé non è vietata; ma di intervenire grazie a un’approfondita messa a punto del sistema sanzionatorio relativo per esempio ad atteggiamenti e abbigliamenti indecorosi e indecenti e a turbativa alla sicurezza stradale. Ciò ha consentito di identificare, di accompagnare in questura e contravvenzionare prostitute e clienti. Si è pertanto ottenuto un calo del fenomeno.

D. E nel settore degli stupri, visibilmente in aumento?
R. È un altro problema nel quale mi sono subito imbattuto, e che non ci ha consentito di dormire per mesi. Anche a questo ritengo di aver fornito una risposta concreta nel senso che, di fronte a casi quasi del tutto privi di indizi, siamo riusciti a dare soluzioni concrete prima al caso della Caffarella poi a quello dello stupratore seriale che non aveva lasciato traccia. Altro campo di azione i beni patrimoniali acquisiti dalle organizzazioni mafiose; nel 2007 non erano stati compiuti nessun sequestro e nessuna confisca; tra il settembre e il dicembre del 2008 siamo riuscito a sequestrare a malavitosi beni per un valore di circa 30 milioni di euro, che a fine 2009 sono saliti a 200 milioni e 300 mila euro, e che spero continuino a crescere.

D. Nel settore che interessa molto la popolazione, quello della microcriminalità?
R. Su una felice intuizione del capo della Polizia Antonio Manganelli abbiamo costituito, all’interno della squadra mobile di Roma, una nuova sezione che nel 2009 ha compiuto il maggior numero di arresti nel mondo della microcriminalità, quella che noi chiamiamo criminalità diffusa e che interessa di più il comune cittadino, che io considero il nostro datore di lavoro. Una sezione che mi ha dato grandi soddisfazioni, formata da una sessantina di uomini che ricevono tutte le istanze, gli esposti, le lamentele dei cittadini, direttamente o tramite lettere ai giornali, rapporti di dirigenti dei commissariati su situazioni che, per l’esiguo numero di uomini di questi ultimi uffici, non possono essere fronteggiati dagli stessi e di cui invece adesso si occupa tale sezione. I risultati sono notevoli anche perché la loro azione si svolge in gran parte delle 24 ore, dalle sette del mattino all’una di notte, e in casi di esigenze e di emergenze l’orario di lavoro prosegue nella notte. Questa continuità di presenza e di interventi per reati di piccolo spaccio, rapine, borseggi, furti, ha consentito un rilevante numero di arresti; se si continua così ritengo che il fenomeno della criminalità diffusa, che tanto condiziona il comune cittadino, possa subire un’ulteriore, significativa frenata.

D. Anche nei furti e nelle rapine?
R. I cosiddetti reati predatori hanno registrato un calo considerevole; già nel 2008 i furti avevano subito una leggera flessione e nel 2009 sono diminuiti del 14-15 per cento rispetto all’anno prima; la media nazionale comunicata dal ministro dell’Interno Roberto Maroni è stata dell’8,50-9 per cento. Le rapine sono state il 30 per cento in meno; di 16 casi di omicidi di cui ci siamo occupati, sulla quarantina verificatisi, 14 li abbiamo già risolti. Però bisogna responsabilmente dire che, quella che è chiamata con un termine abusato ma che rende l’idea, la «percezione della sicurezza» da parte dei cittadini, non è ancora come vorremmo, non va di pari passo con la flessione dei reati. Per cui ho detto ai miei colleghi che dobbiamo fare qualcosa di più e di diverso affinché essa cresca nella popolazione.

D. È fondata questa perplessità?
R. Solitamente non diminuisce in proporzione ai risultati concreti, perché il cittadino desidererebbe vedere le divise sotto casa; questo non solo non è possibile per motivi di organico, ma a volte contrasta con l’efficienza del servizio. Cerco spesso di spiegarlo ai rappresentanti dei comitati di quartiere che lamentano determinate difficoltà: «Noi ci siamo, stiamo lavorando, non agitatevi più di tanto, lasciateci fare, non possiamo mostrare in maniera appariscente l’uomo in divisa, fateci svolgere il servizio in abiti civili, lasciateci fare gli appostamenti, che risultano molto più efficaci; capisco che vedere le divise fa sentire più sicuri, ma fidatevi, noi dobbiamo contemperare le varie esigenze».

D. La malavita si evolve e affina i propri metodi. Lo fate anche voi?
R. Dall’inizio dell’anno è in atto, e riscuote successo, l’iniziativa di affiancare agli agenti altri uomini della sezione Criminalità Diffusa in abiti civili, i cosiddetti «falchi» dotati di moto, caschi e altro, anche personale in uniforme per accrescere appunto la percezione della sicurezza. Ricevute segnalazioni da commissariati, comitati di quartiere, lettere, giornali, esaminiamo con cadenza quasi quotidiana un quartiere e in maniera stavolta appariscente, interveniamo ottenendo risultati notevoli per quantità di materiale sequestrato e persone denunciate e arrestate. Circondiamo letteralmente il quartiere con posti di controllo mobili e con l’aiuto di unità cinofile e dell’elicottero. Il fattore sorpresa ha dato soddisfacenti risultati, abbiamo registrato applausi e manifestazioni di apprezzamento da parte dei cittadini. È uno dei modi che vogliamo usare per farci vedere. Vogliamo inoltre incrementare la nostra presenza negli istituti scolastici e la vigilanza soprattutto sui giovani, affrontando problemi reali e concreti, soprattutto in tema di stupefacenti e di sballo. Come rileva anche il comandante provinciale dei Carabinieri gen. Vittorio Tomasone, l’origine dei reati a danno del patrimonio comune, nei quali sono coinvolte persone in giovane età, nell’80-90 per cento dei casi è legata all’alcol e alla droga. A tal fine nel programma delineato sono previsti più frequenti incontri con i giovani e gli istituti scolastici.

D. Si sono manifestate organizzazioni eversive a Roma?
R. Nei confronti della criminalità eversiva abbiamo compiuto un’operazione di rilevanza nazionale con la scoperta, l’identificazione e l’arresto di una cellula di neo-brigatisti rossi, che poi neo-brigatisti neppure erano. Il capo in passato era stato sospettato di appartenere a una cellula attiva; siamo riusciti a debellarla e soprattutto ad individuare, localizzare e sequestrare armi micidiali ancora in uso e pronte per essere verosimilmente usate. L’azione di contrasto non è conclusa ma prosegue, e ritengo che anche quest’anno la Digos ci darà ulteriori soddisfazioni.

D. E avvenimenti e interventi nel settore dell’ordine pubblico?
R. La questura di Roma ha fronteggiato con grande professionalità episodi, manifestazioni ed eventi che si sono sempre verificati, ma che oggi non possono essere paragonati a quelli del passato. In occasione dello svolgimento a Roma della finale della champions league, gli inglesi ci ritenevano incapaci di fronteggiare la situazione ma il giorno dopo, per come hanno visto è stato gestito l’ordine pubblico, hanno detto: «Le finali facciamole sempre a Roma». A Roma si sono svolti vari vertici del G8, molto impegnativi, dell’Economia, degli Interni, della Giustizia; si sono susseguite visite di capi di Stato, da Obama a Mubarak a Gheddafi; c’è stata la conferenza Fao; sono state tante le manifestazioni che abbiamo fronteggiato con risultati encomiabili. A detta dei loro organizzatori, abbiamo consentito che tutti questi eventi si svolgessero in maniera perfetta.

D. Ma la città non è rimasta semiparalizzata?
R. Si sono creati malumori tra i cittadini per le conseguenze sulla circolazione, ma in occasione del vertice Fao dovevamo scortare 173 tra capi di Stato e di Governo e si sono sì verificati problemi ma nessuno degli interessati ha lamentato qualche disservizio. Tutto questo ha comportato vantaggi economici alle categorie commerciali e artigianali. D’altra parte, dal momento che abbiamo il compito di assicurare l’ordine pubblico e i servizi di scorta, di tutela e di vigilanza, dobbiamo farlo nella massima sicurezza. I riconoscimenti sono stati molto più numerosi delle critiche.

D. I risultati positivi contro la criminalità aggravano l’emergenza delle carceri. Come evitarlo?
R. Rispetto al passato, nelle nostre carceri si assiste ad un aumento esponenziale degli extracomunitari e più si va a nord più cresce questa quota; da Roma in su si registra un numero di immigrati detenuti superiore a quello degli italiani. È un dato di fatto concreto che costoro si occupano in via quasi esclusiva di alcuni mercati dell’illecito. Il motivo è la maggiore ricchezza esistente nel nord, la presenza di maggiore materia predatoria; non si va a delinquere in un paesino del sud dove il reddito è minore. Della penultima questura che ho diretto, quella di Palermo, non ricordo reati al di fuori di abuso di alcol e risse con connazionali; a Padova, il problema principale era costituito dall’attività predatoria degli extracomunitari: mi riferisco a quelli irregolari. Non condivido il giudizio che extracomunitario significhi illegalità ma riconosco che nelle nostre carceri gli extracomunitari irregolari costituiscono un numero considerevole, e che sono più attratti dal nord non per lavorare ma per delinquere, perché c’è più ricchezza.

D. Come giudica i romani?
R. Molto tolleranti; l’anno scorso nella città si sono svolte 2.105 manifestazioni, un numero impressionante tra statiche e dinamiche. I giornali sono la cassa di risonanza delle lamentele dei romani, che tuttavia restano contenute. Trascorrere ore in automobile può farlo solo una persona paziente come il romano; in altre città si assisterebbe a reazioni molto vivaci. Questo fa onore all’apertura dei romani; ed è compito delle istituzioni fare in modo che il cittadino sia vessato il meno possibile. Il romano spesso chiama la Polizia e collabora; è un bene che al minimo sospetto il cittadino telefoni, sia solidale e collaborativo con le istituzioni.

D. Sono sufficienti le forze a sua disposizione?
R. A questa domanda rispondo sempre che non ho mai chiesto rinforzi o adeguamento e potenziamento di personale, perché al vertice della Polizia vi sono sempre stati grandi poliziotti che conoscono benissimo la realtà, anche delle periferie, e sanno come distribuire la forza. Se ho a disposizione 100 uomini posso ottenere risultati per 100 uomini, al massimo per 110, nessuno pretenderà di più. Contiamo più sulla qualità, l’intelligenza e la professionalità piuttosto che sulla quantità. Talvolta a tavolino possono compiersi più operazioni che inviando migliaia di uomini in strada. Per accrescere la sensazione di sicurezza dobbiamo essere presenti, ma non è una questione di numeri. Abbiamo funzionari fuoriclasse e personale sicuramente di qualità.

D. La riforma del codice di procedura penale non vi ha tolto i poteri?
R. Dice il capo della Polizia Antonio Manganelli che con l’attuale codice di procedura penale si registra in Italia la presenza di investigatori ingessati di fronte a investigatori posticci. Non possiamo non condividerlo. Abbiamo funzionari della squadra mobile e personale che per decenni hanno «battuto» i marciapiedi, compiuto appiattamenti, pedinamenti, perquisizioni, investigazioni, intercettazioni, e che devono spesso stare ad aspettare deleghe da qualche giudice che avrà anche grande esperienza e professionalità sotto il profilo giuridico, ma talvolta non sotto quello tecnico e investigativo.

D. Come giudica il ruolo dei pubblici ministeri?
R. La resistenza a restituire alla polizia giudiziaria gli strumenti che aveva per l’avvio delle indagini danneggia soprattutto i cittadini. Non sono solo a condividere il giudizio di Manganelli; della stessa opinione sono molti magistrati e tante persone di buon senso. I poliziotti, i carabinieri, i finanzieri in Italia sono molto professionali.

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