L’abolizione del Senato aiuta la ripresa economica o serve solo a rispartire il potere tra i politici? Apporta innovazione ad abitudini e a stili di vita di aziende e famiglie?
Innovatori sono sempre anche i bambini che, sin dall’asilo, sviluppano nuove abitudini anche nei loro educatori, con il risultato di stravolgere il sapere, le nozioni, le materie di studio, la grammatica e l’apprendimento, e perfino la lingua italiana ecc. Un tempo si sapeva o si immaginava facilmente come erano fatte le «maestrine dalla penna rossa». Oggi chi sa come sono fatte, dal momento che da tempo vediamo e sappiamo che non esistono più? Ci si consola presumendo che esistano, dal momento che decine di migliaia di insegnanti o aspiranti o pseudo tali premono sulle Casse dello Stato per essere pagati. Un tempo questi Uffici possedevano una ricchezza e una garanzia per il sapere e il benessere presente e futuro del Paese: gli ispettori scolastici. Chi si alza più in piedi, oggi, anzi da gran tempo, ad una visita concordata del severo ispettore o direttore, che pensiamo visiti classi pullulanti di telefonini, iPad ed altri aggeggi tecnologici, oltreché della solidarietà assoluta dei genitori verso i propri figli ai quali danno sempre ragione? Sono novità e innovazioni con cui si pensa di battere oggi la crisi, di sollecitare la ripresa? Resta solo da immaginare e di cercare maestrine «senza penne» nelle discoteche dotate di attrezzature da lapdance. Tutto ciò crea la necessità di altre necessità, in una girandola infinita di innovazioni.
Gli osservatori del traffico dei clienti della Pubblica Amministrazione che si recano nei pubblici uffici hanno calcolato che negli ultimi tempi, e sicuramente nei primi mesi del 2015, i flussi dei visitatori sono gradualmente diminuiti; come pure si è assottigliata la processione degli impiegati in visita nell’hinterland e delle impiegate in escursioni in mercati e supermarket. Si tratta di una categoria, quest’ultima, quella delle cosiddette «impiegate con la sporta», un oggetto ovviamente complementare e strumentale a tali sortite.
Dinanzi all’ormai quasi del tutto raggiunto traguardo dell’abbandono della terra e dei milioni di tonnellate di alimenti ogni giorno in vendita nei supermercati - che non si sa dove e con quali garanzie di igiene vengano prodotti -, anche per questo tale merce comincia a registrare crisi di rigetto da parte dei consumatori più esigenti e salutisti. Qualche organizzazione pensa di reagire. In questa situazione la CIA, Confederazione Italiana dell’Agricoltura e la sua associazione per l’agriturismo Turismo Verde Agricoltura, organizzazioni in passato prevalentemente di sinistra, sono riuscite a fare chiarezza su un oggetto che era via via diventato misterioso, la cosiddetta «vendita diretta» osannata da tutti al momento della sua istituzione anni fa, ma non rispettata da nessuno, neppure dai previsti destinatari e beneficiari.
Agricoltura, addio definitivo
Anche oggi la CIA ha ottenuto dal Ministero competente una «nota esplicativa che elimina ogni dubbio sulla legittimità e regolarità inerenti la vendita dei prodotti agricoli aziendali. «Non ci possono essere limiti all’esercizio della vendita diretta nel territorio della Repubblica, su aree private all’aperto, ovunque esse siano situate (anche diverse da quelle ubicate nella sede principale dell’azienda agricola), delle quali l’imprenditore agricolo abbia comunque, la disponibilità, ferma restando, naturalmente, l’osservanza delle norme vigenti in materia igienico–sanitaria».
La CIA, evidenziando i chiarimenti sulla «vendita diretta» contenuti in una lettera del Ministero dell’Agricoltura - cui è stato complicato il nome in Politiche agricole alimentari e forestali tanto per rendere ancora più difficile la vita, allontanare altri agricoltori dai campi e aumentare i flussi di consumatori di prodotti dalle origini e dalla lavorazione al limite della garanzia alimentare - hanno inviato lo scorso agosto al Ministero dello Sviluppo economico e all’Associazione dei Comuni - associazione questa sempre complice degli alti burocrati e amministratori pubblici ed eccezionalmente favorevole ai cittadini-, una lettera in cui esprimono soddisfazione perché questo Ministero ha accolto tutte le loro osservazioni.
Prima esso, infatti, «dava ad intendere» che doveva considerarsi vietata la vendita diretta su aree private, esterne all’azienda, anche se di queste l’imprenditore aveva la disponibilità. Risultava così vietata anche la possibilità di un contadino di mettere a disposizione una piccola area della sua azienda agricola per qualche evento di altri imprenditori agricoli per la vendita dei loro prodotti, impedendo in sostanza il formarsi di una sorta di mercato agricolo. Anche con il nostro intervento - ha concluso la CIA abbiamo scongiurato un’interpretazione legislativa da parte del Ministero dello Sviluppo Economico che rischiava di limitare le possibilità di entrare nel mercato da parte delle imprese agricole italiane che fanno vendita diretta.
In questo settore, promosso dal Ministero, è giunto però alla XIV edizione il «Premio Donne in Campo» rivolto alle donne la cui storia aziendale si sia distinta per creatività, originalità e multifunzionalità. Tra i sei encomi assegnati quest’anno due premi sono andati a due iscritte alla CIA, Deborah Armiento, imprenditrice varesina di Travedona Monate, e Chiara lo Bianco, siciliana, attuale presidente della CIA di Siracusa, «esempi di innovazione e di ecosostenibilità agricola rosa», metodo di coltivazione collegato all’apertura di un Organic Farm Hotel. Conferito dal viceministro alle Politiche agricole Andrea Olivero in occasione della Giornata Mondiale delle Donne Rurali, il Premio esalta l’attitudine all’innovazione e all’eco-sostenibilità delle imprese «rosa», che in dieci anni sono cresciute dal 30,4 al 33,3 per cento. «Oggi–ricorda la CIA–le imprenditrici della terra sono un piccolo esercito che conduce 532 mila aziende agricole. Entro il 2020 le donne saranno alla guida del 40 per cento delle imprese del settore». In realtà in questi ultimi anni sono molto cresciute le donne impiegate nel Governo, nel Parlamento e in tutta la costellazione di incarichi e società governative, para-governative e locali. Basta ricordare la legge sull’immissione obbligatoria di donne nei consigli di amministrazione di società anche private. L’azienda biologica di Deborah Armiento, «La Zucca di Cenerentola», usa la coltivazione multipla del terreno che si autorigenera grazie all’associazione di più piante selvatiche e coltivate, che attirano insetti, funghi e microrganismi benefici e allontanano quelli dannosi.
L’Armiento recupera e preserva varietà autoctone, antiche o tradizionali, come il «Fagiolo di Brebbia», ed ha un laboratorio di trasformazione aziendale in cui, per la lavorazione dei prodotti - confetture di zucca, di lavanda, di bacche, di rosa, mostarda di more, sciroppo ai fiori di sambuco, di tarassaco, di tiglio, pesto di ortiche, formaggi, succhi - viene usato un metodo naturale senza uso di pectina o altri additivi alimentari. E aderisce all’iniziativa di Slow Food «Orti in condotta» diretta ad educare i bambini in età scolare e le loro famiglie alla coltivazione biologica e alla biodiversità in campo e a tavola.
L’azienda agricola biologica di Chiara Lo Bianco, di Cassibile in provincia di Siracusa, di circa 15 ettari tra colture in campo aperto e in serra, arance e limoni (il Femminello siracusano), è completamente autonoma nel consumo di energia grazie alla centrale fotovoltaica di 130 Kw posta sul tetto del magazzino. L’azienda oggi esporta in tutta Europa, senza intermediazioni, i prodotti biocoltivati in azienda: scarole, finocchi, limoni, arance, zucchine, meloni, carote, cipolle. Nel 2008 poi, insieme al marito, Chiara Lo Bianco ha aperto l’Organic Farm Hotel La Casa di Melo nel rigoglioso agrumeto dell’azienda. L’albergo, primo nel Sud Italia inserito nel circuito europeo Bio Hotels, rientra in un progetto eco-sostenibile in cui il cibo servito è interamente fatto in casa e le materie prime con cui è formato provengono tutte dall’agricoltura biologica.
I costi per le aziende agricole
Sembrerebbero destinati a ridursi sia per la crisi economica sia per alcune iniziative del Governo come il taglio di alcune tasse e imposte. Anche altre categorie di operatori economici hanno compreso il dilemma: o riducono i prezzi da esse imposti agli agricoltori e in genere a tutti gli automobilisti, o vedranno ridursi anche le tariffe da loro praticate, diventate insostenibili. Ad esempio il settore delle assicurazioni, appesantisce i costi delle coltivazioni. Ma c’è l’innovazione. Dal 1 luglio 2015 gli attestati di rischio sono trasmessi telematicamente sia al contraente con anticipo di almeno 30 giorni rispetto alla scadenza del contratto, sia tra compagnie assicuratrici in caso di passaggio del contratto da una all’altra, senza più bisogno dell’intervento dell’assicurato.
Dal 18 ottobre scorso anche il contrassegno di assicurazione, che finora si doveva esporre sul parabrezza dell’auto, circola telematicamente; e dallo stesso giorno non vige più l’obbligo di esporre il contrassegno sul parabrezza. Una nuova norma ha anche introdotto un sistema di rilevazione a distanza della copertura assicurativa dei mezzi in circolazione, con sistemi tipo autovelox dotati di archivi antifrode per arginare i trucchi nel risarcimento danni da sinistri; dallo scorso ottobre 2015 essi dovrebbero confluire in un archivio unico a disposizione delle varie autorità.
La rilevazione automatica diretta non esiste ancora ma potrebbe avvenire attraverso gli strumenti usati per le rilevazioni a distanza delle violazioni sulla velocità e degli accessi a centri storici e ztl: autovelox, tutor, varchi telematici ecc. Il Ministero dei Trasporti ha chiarito che nei casi di accertamenti indiretti, polizia o vigili possono individuare i mezzi non coperti da Rc-auto; in un secondo momento rispetto alla rilevazione, incrociando i dati assunti dagli archivi dell’Ivass che raggruppa le imprese assicurative per poi invitare i proprietari dei mezzi a produrre il certificato di assicurazione entro un determinato termine. Da qui può iniziare la procedura sanzionatoria, come se il veicolo fosse stato fermato mentre circolava: senza assicurazione: ossia scattano il sequestro del veicolo e la sanzione amministrativa da 848 a 3.393. euro.
A Firenze è attiva la Scout Speed, sorta di radar montato sui mezzi della polizia municipale in grado di rilevare sia il mancato rispetto dei limiti di velocità sia altre violazioni; in caso di mancata copertura assicurativa o mancata revisione il veicolo, dopo la rilevazione a distanza, viene fermato. E, tanto per allinearsi alla nuova moda dell’innovazione ad ogni costo per collaborare alla ripresa economica secondo le rivoluzionarie teorie che avevano consentito il grande sviluppo della produzione e del benessere nel secolo scorso, alcune categorie hanno ricominciato ad aumentare gli onorari e le tariffe dei loro servizi per poter spendere parte dei profitti nel rinnovo delle tecnologie cioè computer, stampanti, telefonini, iPad. Anche a costo di resuscitare l’inflazione determinata da continui rincari dei prodotti petroliferi. Ma come resuscitare il settore primario dell’attività umana, cioè l’agricoltura, dopo averlo completamente tramortito o ucciso?
Il fenomeno più avvertito nel settore urbanistico ed edilizio
Tale settore è costituito da platee molto vaste di operatori: ingegneri, architetti, geometri, periti tecnici, agronomi ed altri, molto vicini agli amministratori locali e quindi ai politici all’inizio della loro carriera sia amministrativa sia politica. Tanto che quando la categoria lo reclama, ecco pronto qualche nuovo provvedimento destinato ad apportare, alle loro borse, onorari e affari di valore anche incalcolabile. Chi non ricorda l’invenzione del «libretto o fascicolo del fabbricato»?
Si tratta di inventare e accollare ai proprietari di immobili adempimenti costosi e talmente impopolari che gli stessi beneficiari talvolta fanno del tutto per non esserne incaricati. Non mancano però di prediligerne qualcuno, anzi il più impopolare; come il condono edilizio e la sua costellazione di strumenti urbanistici collegati, succedanei e surrogati. A forza di dibattere i loro problemi anche in convegni, i tecnici arrivano ad ottenere lavori e favori dallo Stato, da enti pubblici e da privati.
Nella realtà, la variegata categoria non sembra tanto bistrattata rispetto a quelle di medici, avvocati ed altri. Ma i tanti provvedimenti a suo favore e a carico dei suoi clienti alimentano l’odio della gente verso quelle misure da cui essa è tartassata. Il condono edilizio è l’obiettivo numero uno.
Capitali per i condoni o per la ripresa economica?
Agli abusivi edilizi è stato sempre riservato, sul piano nazionale e locale, un trattamento di sfavore. Sono accusati di reati penali. E tale viene anche oggi considerato il condono edilizio malgrado il danno prodotto all’economia nazionale dal ritardato o mancato riconoscimento del diritto di ottenerlo da parte degli interessati. Il rilascio della sanatoria edilizia comporta l’obbligo, per chi l’ottiene, di pagare pesanti imposte a favore di Comuni, Regioni e Stato; una somma complessiva che, sia pure spesa lentamente nelle attività che ne deriverebbero, costituirebbe un sollievo per un settore particolarmente capace di riattivare vari comparti delle costruzioni. E a riassorbire buona parte della manodopera licenziata a causa della crisi generale e del comparto urbanistico ed edilizio in particolare.
C’è chi ha osservato che, negando l’avvio dei lavori per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina e il rilascio delle sanatorie edilizie nei casi possibili e nel rispetto delle norme, si ostacola, colpevolmente, il Paese a riattivare l’attività in tutti i campi. Ma questo comportamento viene attribuito dalla massa al desiderio della classe politica di favorire solo una parte delle aziende e delle famiglie in difficoltà. Come si fa ad invitare famiglie e aziende a stimolare consumi voluttuari, inutili e non, invece di indurre le Amministrazioni locali a costringere chi ha compiuto abusi edilizi perfino oltre venti anni fa a sollecitare la sistemazione di territori e abitati?
E questo avviene quando si sa che sono pochi i grandi monopolizzatori del settore delle costruzioni e dei lavori pubblici e privati, i proprietari di grandi aree i quali, attraverso i politici e gli amministratori e politicanti locali, si accaparrano, grazie ai piani regolatori e ad altri strumenti urbanistici-trabocchetto da loro accettati come convenzioni, patti territoriali ed altro, destinati a far affluire tutto il plusvalore realizzabile con l’urbanizzazione del territorio nelle mani di pochi grandi costruttori, speculatori e politici. I quali per di più possiedono la proprietà di giornali, emittenti televisive, agenzie immobiliari e studi tecnici grazie ai quali possono condizionare l’andamento del mercato delle aree e delle costruzioni.
Silvio Berlusconi, quando fu osannato presidente del Consiglio, nel 1994 fece approvare dal Parlamento addirittura una legge di condono, la terza; ma i suoi successori, governanti e amministratori locali, ancora non hanno liberato gli Uffici tecnici comunali di tutta Italia dalle decine di migliaia di domande di condono presentate in seguito alle tre leggi di sanatoria. A Berlusconi e al suo movimento politico era tutto consentito; al solo fruscio di una foglia, oggi, in una crisi per la quale ogni giorno il Governo ripete che la ripresa è avviata, ma non è vero perché se lo fosse si vedrebbero subito gli effetti sulle capacità di spesa di famiglie e imprese e nelle buste-paga ripristinate, cioè nel numero dei lavoratori disoccupati ma ormai anche riassumibili. I nostri governanti vogliono apparire bravi in economia, cioè in ripresa economica, ma non lo sono. Possono accennare anche solo alla possibilità di un mini condono per avviare la ripresa dell’economia ? Neppure a parlarne: il ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare Gian Luca Galletti non pensa, onestamente, alla necessità di grandi e immediati lavori del genere.
«L’auspicio del ministro dell’Ambiente, che non vengano più varati condoni edilizi, può certamente essere condivisibile» ha però precisato l’ing. Sandro Simoncini, docente a contratto di Urbanistica e Legislazione ambientale nell’Università Sapienza di Roma e presidente della Sogeea. A tale dichiarazione di principio, però, viene fatto osservare che deve necessariamente accompagnarsi l’indicazione di una soluzione veloce ed efficace per lo smaltimento delle centinaia di migliaia di istanze in giacenza relative alle tre sanatorie del 1985, del 1994 e del 2003. Altrimenti si rimane nell’ambito delle frasi ad effetto, senza dare uno sbocco ai problemi reali.
Continua l’ing. Simoncini: «Non c’è dubbio che i disastri cui assistiamo quotidianamente per il maltempo siano favoriti e amplificati da un modo scellerato di cementificare il nostro Paese. Il consumo di suolo è un fenomeno che va arginato e possibilmente arrestato, ma non possiamo far finta che tre condoni non ci siano già stati. Incassare gli oneri concessori relativi alle domande pregresse di chi ha diritto al condono permetterebbe alle Amministrazioni locali e allo Stato di avere ulteriori risorse da destinare alla messa in sicurezza del territorio». Simoncini ricorda che «gli Amministratori devono garantire la massima risolutezza, senza farsi guidare dalla logica del consenso politico: vi sono nuovi sistemi che consentono di abbattere tempi e costi grazie a procedure snelle e trasparenti; vanno vinti gli interessi di parte e le resistenze, che bloccano lo sviluppo e l’innovazione».
L’esperienza insegna che tanti ambientalisti ed ecologisti sono tali solo per ottenere posti, incarichi e vantaggi. Negli anni 70 pseudo amanti della natura e dell’ambiente riuscirono a farsi pubblicare qualche articolo dal Corriere della Sera sui pericoli che correva la riproduttività di cinciallegre e sbucafratte e sull’eleganza e le frequentazioni del «Cavaliere d’Italia» della Laguna di Orbetello, prescelta dai soci del Fondo Ambiente Italiano, il Fai, associazione benemerita per la difesa dell’ambiente - malignamente fu osservato allora - che l’avevano costituito le acculturate figlie miliardarie degli speculatori arricchitisi nel dopoguerra devastando i migliori siti d’Italia. Poi si scoprì che i massimi dirigenti di certi movimenti pro-natura, rifugiatisi d’estate nelle più belle baie della Penisola, non consentivano l’accesso al mare ai semplici turisti, privatizzando e monopolizzando di fatto le minuscole, irripetibili stupende calette dell’Argentario.
Ugo Naldi
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