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Ma quante sono le inaugurazioni dell’anno giudiziario...

Lucio Ghia

La stagione delle inaugurazioni dell’anno giudiziario 2016 può considerarsi conclusa il 1° marzo 2016 nel Salone d’Onore del Coni, restituito da sapienti interventi conservativi, agli antichi splendori, ove il presidente Giovanni Malagò ha accolto i presenti con un appassionato discorso d’apertura, svolto sul filo conduttore della tutela dei valori dello sport e dell’etica sportiva presidiati e affermati dalla giustizia sportiva, il cui impianto nei suoi diversi gradi di giudizio ha dimostrato efficienza ed efficacia. Ha avuto quindi luogo la relazione attenta ed approfondita di Franco Frattini, presidente del Collegio di Garanzia del Coni, sullo stato della giustizia sportiva, sui risultati dell’anno concluso con 102 ricorsi esaminati e sulle sue prospettive. Anche Enrico Cataldi, capo della super Procura del Coni che controlla l’operato delle procure federali, ha sottolineato l’impegno nella lotta al doping, alle scommesse illegali, alla violenza negli stadi, alla pedofilia nello sport.
Il quadro complessivo della giustizia sportiva è senz’altro positivo sia per i tempi di conclusione dei giudizi che per la qualità delle decisioni. A partire dal 28 gennaio dall’inaugurazione dell’anno giudiziario celebrata nella solenne cornice dell’aula magna della Corte di Cassazione dal primo presidente Giovanni Canzio, già presidente della Corte d’Appello di Milano, che succede al presidente Giorgio Santacroce - del quale vanno ricordate le alte doti di giurista illuminato, che gli hanno permesso di coniugare, nei tanti anni di alto servizio, la profonda conoscenza del diritto con le proprie qualità di uomo vicino ai problemi della gente - vanno gli auguri più vivi di chi scrive e di Specchio Economico. Continuare nel cammino seguito dai suoi predecessori, nella realizzazione della funzione di nomofilachia della Corte di Cassazione, al fine di realizzare indirizzi interpretativi delle norme stabili e tali da orientare gli interpreti anche in ordine alla prevedibilità dell’esito e dei tempi dei giudizi, significa anche scoraggiare il ricorso indiscriminato alla giustizia nei casi di esito negativo già scontato sulla base delle sentenze della Corte di Cassazione.
Ma tra la prima e l’ultima cerimonia si sono celebrate numerose e diverse inaugurazioni dell’anno giudiziario 2016 presso le sedi delle Corti d’Appello, presso i Tar regionali, presso le sedi del Consiglio di Stato, presso la Corte dei Conti. Decisamente molte cerimonie e non tutte significative, eccettuata senz’altro quella della Corte d’Appello di Roma, della quale ho dato conto nel precedente numero di Specchio Economico. L’intero capitolo di queste celebrazioni andrebbe riesaminato non solo in termini di più efficiente allocazione delle risorse, ma soprattutto in una prospettiva di «reductio ad unitatem» del programma giudiziario da realizzare nell’anno. La funzione giudiziaria dovrebbe riappropriarsi del principio oggi appannato, di una «giustizia uguale per tutti». Purtroppo la differenza della risposta giudiziaria in termini di arretrato, di tempi di decisione, di numero delle sentenze riformate in appello o in cassazione evidenzia, in relazione ai distretti di provenienza, risultati decisamente difformi. Le fotografie in termini di efficienza della giustizia territoriale che si traggono dai discorsi inaugurali, danno conto della esistenza di distretti giudiziari differenziati. Ne emerge l’Italia dei comuni, dei ducati e dei principati di antica memoria, descrivendo un’Italia giudiziaria divisa se non rotta in mille pezzi, che attendono di essere rimessi insieme.
Tornando ai contenuti delle cerimonie inaugurali, va sottolineato quanto è emerso dalla relazione dell’avvocato Alessandro Pajno, presidente del Consiglio di Stato il 16 febbraio 2016 nella cornice di Palazzo Spada in Roma. La sua analisi dello stato della giustizia amministrativa italiana, lucida e di grande respiro, ha preso le mosse dalle origini strutturali della crisi che la caratterizzano. Crisi che è insieme legislativa: troppe leggi, con l’aggravante della loro scarsa qualità, «ma è anche amministrativa, connotata da ‘mala administratio’, che spesso genera la corruzione». Anche il cambiamento delle domande di giustizia amministrativa, in divenire tumultuoso, per l’ampliamento dei diritti e per la loro globalizzazione, con il conseguente costante confronto delle risposte giudiziarie nei vari Paesi, rendono più tormentato e difficile fornire adeguate risposte.
Risposte che vanno ancorate a punti fermi di qualificazione della giustizia amministrativa, quale l’indipendenza e la specializzazione dei giudici in coerenza con la specialità dei diritti e delle domande, ma anche con le esigenze nell’economia, attraverso «la capacità di cogliere le ricadute sistemiche delle sue decisioni sull’economia» e con l’indirizzo seguito dalla giurisdizione ordinaria. Ma ancora, spiega il presidente Pajno, va recuperata la funzione nomofilattica del Consiglio di Stato, ovvero la «garanzia dell’uniforme applicazione della legge» demandata alle decisioni assunte in Adunanza plenaria, dal Codice del Processo amministrativo (art. 99). La conseguente prevedibilità della decisione giova all’amministrazione, alle imprese, al cittadino incrementando la «accountability» propria di un sistema giudiziario moderno. Quanto alla velocità del processo amministrativo i dati forniti sono rassicuranti: la durata media è inferiore ad un anno, mentre i giudizi cautelari sono decisi dal Consiglio di Stato in 30 giorni circa, e dai tribunali amministrativi in 30/45 giorni circa in media. Inoltre ha notato il presidente Pajno nel 90 per cento dei casi le decisioni dei Tar sono state confermate dal Consiglio di Stato.
Mentre l’abbattimento dell’arretrato mostra importanti passi avanti: nel 2012 i ricorsi pendenti innanzi ai tribunali amministrativi al Consiglio di Stato erano 467.419; nel 2012 erano 373.258; nel 2013 erano 322.456. Anche l’attività consultiva demandata al Consiglio di Stato in favore delle pubbliche amministrazioni ed in caso di ricorsi straordinari al Capo dello Stato, ha registrato risultati positivi con la definizione di 2.355 «affari» e la diminuzione dell’arretrato a 4.084 «affari». Un’altra buona notizia riguarda l’avanzamento del processo amministrativo telematico (p.a.t.) che accrescerà la «rapidità e la effettività della tutela» assicurando la trasparenza delle procedure, riducendo i costi del servizio e riguarderà tutto l’iter del processo amministrativo, con l’unica esclusione della trattazione orale in camera di consiglio ed in udienza pubblica.
Va infine sottolineato un ulteriore tema, da chi scrive particolarmente sentito, affrontato dal presidente Pajno in una prospettiva nuova per il Consiglio di Stato, quale «advisory board» delle amministrazioni pubbliche «in un’ottica moderna di problem solving preventivo». Se questa opportunità fosse offerta anche al cittadino, senz’altro avremmo una importante diminuzione del contenzioso amministrativo ed il Consiglio di Stato diverrebbe protagonista di un servizio pubblico più vicino alla realtà dei bisogni dei cittadini, contribuendo al miglioramento della qualità della vita ed al benessere della collettività.
Per completezza di quadro va riferita sia pure succintamente, l’importante relazione svolta dal Raffaele Squitieri, presidente della Corte dei Conti il 18 febbraio 2016, nell’Aula delle Adunanze plenarie, alla presenza del presidente della Repubblica, di numerosi rappresentanti del Governo e di pubbliche autorità. Importante relazione questa, perché con la consueta chiarezza espositiva, il presidente Squitieri ha sottolineato il particolare impegno del nostro Paese, che emerge dall’esame di documenti programmatici del 2016, «nel riorientare la spesa verso quella in conto capitale. Recuperare adeguati livelli di intervento pubblico nel campo delle opere–ha sostenuto–non rappresenta solo una condizione chiave per il rispetto della clausola europea sugli investimenti richiesta dal Governo, ma costituisce anche, e soprattutto, la condizione per ottenere adeguati livelli di crescita, riassorbendo un ritardo nelle dotazioni infrastrutturali che rischia di incidere sul potenziale competitivo del Paese». Il raggiungimento di tale obiettivo deve tener presente il tema essenziale dell’interrelazione tra spesa pubblica e qualità dei servizi resi alla collettività ed esige una riconsiderazione della «spending review», che va ricalibrata e razionalizzata liberandola dalla rigidità e dagli ostacoli incontrati nelle scelte delle modalità di contenimento della spesa pubblica.
Ma di pari importanza è l’osservazione di Squitieri secondo la quale il contributo al contenimento della spesa non è più solo riconducibile ad effettivi interventi di razionalizzazione e di efficientamento di strutture e servizi, quanto, piuttosto, ad operazioni assai meno mirate di contrazione, se non di soppressione, di prestazioni rese alla collettività. Dai tagli operati è, dunque, derivato un progressivo offuscamento delle caratteristiche dei servizi che il cittadino può e deve aspettarsi dall’intervento pubblico cui è chiamato a contribuire. Secondo il presidente, la diffusa consapevolezza della necessità di una più accurata regolazione dei presupposti di assoggettamento al controllo ed alla giurisdizione contabile delle società di diritto privato che impiegano ingenti capitali pubblici, fa sì che la Corte guardi con favore l’intervento del legislatore che ha delegato il Governo al «riordino della disciplina della partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche». Nell’ottica della razionalizzazione della spesa pubblica, la Corte ha posto particolare attenzione anche al settore dell’attività negoziale delle amministrazioni, segnalando, tra l’altro, l’anomalia relativa all’ingente numero di stazioni appaltanti. Ben vengano, pertanto, le norme che hanno introdotto la nuova figura dei «soggetti aggregatori» per l’acquisizione di beni e servizi.
Ed in tema di attività contrattuale, terreno considerato ad alto rischio dalle normative sulla prevenzione della corruzione, il presidente Squitieri ha ricordato anche che la Corte dei Conti e l’Anac hanno sottoscritto nel maggio 2015 uno specifico protocollo di intesa per coordinare le azioni dei due istituti. Il presidente Squitieri ha sottolineato inoltre che particolarmente efficace si è rivelata la costante, impegnativa azione delle Procure e delle Sezioni giurisdizionali volta a perseguire i responsabili di fatti di «mala gestio» dai quali siano derivate conseguenze dannose per la finanza pubblica. La Corte, ha aggiunto, sta ultimando un rapporto che verrà sottoposto entro la fine di marzo al Parlamento, sul tema della revisione della spesa pubblica per meglio orientare le scelte di ulteriore contenimento e per consentire di affrontare la complessa questione del carico fiscale. Il successivo riferimento alle esigenze di restituire alle norme la necessaria chiarezza ed ai processi percorsi snelli ed acceleratori delle decisioni ha trovato il pieno consenso dei presenti, così come il convincimento che «le illegalità trovano nella complessività e nella moltiplicazione delle leggi spazi più fertili per fare presa, che presidi ed ostacoli al loro diffondersi». Quindi ogni tentativo legislativo per ridurre e per ricondurre ad unità, le più diverse tipologie dei giudizi ed in particolare la delega contenuta nella legge n. 124/2015 (la cosiddetta legge Madia) è stata salutata dalla Corte con favore per i principi e per i margini che vengono fissati.
Certo è che oggi l’assetto e la funzione di controllore «ex post» ovvero quando i buoi sono fuggiti, poiché per intervenire la Corte ha la necessità di verificare che il danno alla finanza pubblica si sia realizzato, non appare in linea con le esigenze, invece, di un intervento preventivo. Anche perché spesso le sentenze di condanna non vengono poi eseguite per l’insussistenza nei soggetti colpevoli di adeguata patrimonializzazione.
Allora, appare necessario affidare alla Corte un ruolo di preventivo intervento al fianco della pubblica amministrazione e del cittadino, individuo e/o impresa societaria, in modo da dare risposte tempestive e preventive rispetto al contenzioso ed ai comportamenti scorretti che possono verificarsi. L’attuale incertezza sul «comportamento corretto» è infatti fonte di per sé di gravi ritardi se non altro nelle decisioni della Pubblica Amministrazione. Agendo in tale prospettiva si darebbero maggiori certezze a sostegno di quell’«etica dei comportamenti» che il presidente Squitieri ha fortemente richiamato nella conclusione del suo discorso inaugurale.

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