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ALAIN LE ROY: l'Italia ha ritrovato il proprio posto in Europa, la Francia ne è felice

Alain Le Roy, ambasciatore Francia

Laureatosi in Ingegneria mineraria nell’Ecole nationale supérieure des mines di Parigi e specializzatosi in Scienze economiche, Alain Le Roy festeggia in questo mese il primo anniversario della sua nomina ad ambasciatore di Francia presso lo Stato italiano. Dopo una iniziale, decennale esperienza di lavoro presso una compagnia petrolifera, e dopo aver diretto attività di esplorazione in Asia, entrato nell’amministrazione dello Stato francese ha svolto vari incarichi fra i quali quelli di amministratore dell’Onu nel Kosovo, di rappresentante speciale dell’Unione Europea in Macedonia, di direttore degli Affari economici e finanziari del ministero degli Esteri francese, di ambasciatore nel Madagascar e per tre anni, dal 2008 al 2011, di vicesegretario generale dell’Onu incaricato delle operazioni per il mantenimento della pace. Giunto a Roma il 5 gennaio 2012, il 23 febbraio successivo si è accreditato presso il Capo dello Stato italiano Giorgio Napolitano. In Italia ha assistito a un anno denso di avvenimenti politici, resi più inquietanti dalla perdurante crisi economica internazionale che, insieme a Grecia e Spagna, ha interessato più direttamente l’Italia. Un anno caratterizzato dalla presenza di un Governo tecnico, presieduto da Mario Monti, conclusosi di fatto improvvisamente, poco prima di Natale, dopo aver risposto positivamente alle richieste internazionali, e in particolare europee, di cambiamento della direzione politica del Paese, e soprattutto della gestione economica. In questa intervista (condotta prima dell'annuncio delle dimissioni del Governo Monti da parte del presidente della Repubblica) l’ambasciatore Le Roy compie una lucida analisi dell’operato del Governo Monti in riferimento agli impegni assunti in ambito comunitario, ai provvedimenti adottati, alle prospettive e, soprattutto, al giudizio di uno dei principali partner dell’Italia nell’Unione europea, appunto la Francia.

Domanda. Dopo la crisi registratasi nel 2011 nei rapporti tra l’Italia e i maggiori Paesi dell’Unione Europea, sembrava ristabilita una certa intesa, soprattutto tra Francia e Italia. È un’impressione o una prospettiva di lunga durata?

Risposta. Vorrei premettere alcune considerazioni. È evidente che l’Italia abbia ritrovato un buon posto in Europa. Questo si è constatato tutti i giorni e in particolare nel vertice bilaterale italo-francese dello scorso 3 dicembre, che ha confermato la realizzazione di una nuova linea ferroviaria Torino-Lione. La grande forza del professor Mario Monti è stata quella di conoscere alla perfezione il funzionamento dell’Europa, perché è stato per 10 anni commissario europeo. E le riforme da lui avviate sono state apprezzate e giudicate positivamente in tutta l’Europa. Le relazioni tra Italia e Francia sono tornate ottime, e nel suddetto vertice si è manifestato un accordo su tutti gli argomenti in esame, tecnici e politici: l’industria della difesa, il progetto Lione-Torino, il ruolo che i nostri due Paesi possono svolgere in seno all’Unione. La riunione del Consiglio europeo del giugno scorso era stata difficile ma, grazie all’accordo italo-francese, aveva ottenuto un grande successo e permesso di superare il momento più delicato della crisi dell’euro. Non esprimo un’opinione isolata; sono dello stesso avviso anche il governatore della Banca Centrale Europea Mario Draghi e tanti altri economisti europei. L’Italia e la Francia hanno svolto un ruolo primario.

D. D’accordo anche sul problema della stabilizzazione in Grecia?

R. Solo grazie a Italia e Francia e ovviamente al consenso della Germania, si è trovato l’accordo. Le relazioni franco-tedesche rimangono essenziali e primarie ma non sono esclusive, e siamo molto felici per la convergenza di vedute con l’Italia, perché ci conferisce un maggiore peso in Europa. Anche nel settore dello spazio, sul passaggio da Ariane 5 ad Ariane 6 e sul sostegno al lanciatore Vega, Italia e Francia hanno manifestato le stesse posizioni, e questo ha consentito di raggiungere un’intesa con gli altri Paesi. Molti esempi dimostrano che le relazioni Italia-Francia accelerano il processo di unificazione europea e attenuano la crisi dell’euro, naturalmente sempre d’accordo con la Germania. Grazie alle riforme di Monti e all’aiuto di Draghi lo «spread» italiano è calato. Il fatto che Draghi abbia avuto l’appoggio europeo ha determinato un risultato maggiore. Posso testimoniare che, durante il vertice di dicembre, si è manifestata una reciproca fiducia totale, quasi una fusione.

D. Gli avvenimenti svoltisi in Italia nel 2011 avevano determinato una situazione delicata per questo Paese. Oltre a quelli della classe politica francese, quali sentimenti nutre verso l’Italia la popolazione francese?

R. Due sono i punti. Il popolo francese è affascinato dall’Italia, qualunque sia il Governo italiano. La prossimità storica, culturale e linguistica è evidente, sette milioni di turisti italiani si recano in Francia ogni anno e sei milioni di turisti francesi preferiscono l’Italia, dove risiedono 70 mila francesi. Non ho mai sentito un francese lamentarsi di vivere in questo Paese; sono contenti dell’accoglienza italiana e di questa prossimità che ci lega. Per quanto riguarda il secondo punto, il numero di euroscettici aumenta sia in Francia che in Italia, ma io ritengo necessario, e credo che lo ritenga anche il Governo francese, avere «più Europa» e non «meno Europa». L’Unione Europea non è stata ancora in grado di dare risposte soddisfacenti all’attuale crisi, e anche per questo la Francia desidera accelerare il processo di integrazione solidale europea, perché se saremo più integrati, l’Europa sarà più unita.

D. È possibile che la crisi economica favorisca questa integrazione?

R. Ritengo che il Consiglio dei ministri europeo del giugno scorso abbia dimostrato che, quando vi è una decisa posizione europea, questa influisce direttamente sui mercati, che ne prendono coscienza.

D. La politica economica dell’Europa sarà diretta ancora a contenere il debito pubblico o, per avviare la ripresa, si dovrà attenuare il rigore? Cioè, si farà ricorso a una nuova fase di politica keynesiana?

R. Occorre un equilibrio, se non proprio un pareggio tra le due politiche. Quella keynesiana ha come conseguenza l’aumento del debito pubblico, mentre l’Unione Europea indica che occorre ridurre la spesa pubblica, altrimenti aumentano i tassi di interesse che lo Stato deve pagare sul suddetto debito ai creditori. È questo in sostanza l’oggetto della controversia tra la sinistra e la destra.

D. Quando parliamo di debito pubblico, perché non viene mai ricordato che, se esso aumenta in termini nominali, a causa dell’inflazione si riduce in termini reali?

R. È vero, ma il problema non è questo, è costituito dal rapporto tra il debito pubblico e il prodotto interno, perché le due entità sono governate dalla stessa moneta. Su questo divario oggi è necessario intervenire, anche se c’è da calcolare l’inflazione.

D. L’aumento delle imposte in Italia è stato eccessivo; si potrebbe sopportare se il Governo Monti riuscisse a far recuperare agli italiani, a cominciare dalla classe politica, i tradizionali principi e valori della popolazione, il rigore, la propensione al risparmio, anziché il consumismo spensierato, lo spreco, i cattivi esempi forniti da una parte della classe politica. Ritiene raggiungibile questo obiettivo?

R. Oggi non è più così. Gli italiani non sono più i grandi risparmiatori del passato perché, quando le retribuzioni medie sono troppo basse, anche il risparmio è scarso. L’Istat comunica che gli stipendi medi ammontano a 1.300 euro al mese. Con questa somma è molto difficile risparmiare. È chiaro che la crisi ha anche un effetto, diciamo, «pedagogico». Oggi non è più possibile, per nessun Paese in Europa, avere un eccessivo debito pubblico. La lezione è stata appresa da tutti i Governi, e questo costituisce l’insegnamento principale della crisi. La lezione del professor Monti sulla necessità del rigore e del rilancio della crescita in Italia è rivolta a tutta l’Unione Europea. Monti non afferma mai che ha dovuto adottare misure dure e impopolari a causa dell’Europa, e che la colpa è dei partner. Sostiene che bisogna adottarle e metterle in atto per il bene dell’Italia.

D. Ma alla fine l’interesse dell’Europa non è anche interesse comune?

R. La cancelliera tedesca Angela Merkel l’ha capito perfettamente, perché anche la Germania ha bisogno di esportare in Italia e perché ammontano al 60 per cento le esportazioni tedesche all’interno dell’Unione Europea. Quindi è essenziale per la Germania avere vicino Paesi in buona salute economica.

D. Ma come possono i Governi europei affrontare il problema della concorrenza dei Paesi emergenti?

R. Proprio per questo va seguita con maggiore convinzione ed energia la strada dell’integrazione europea. Nel vertice di dicembre tra Italia e Francia è stato affrontato anche il tema della politica commerciale europea nei confronti degli altri Paesi, e ancora una volta le posizioni italiana e francese sono risultate molto vicine.

D. La Francia ha sempre avuto le eccellenti istituzioni culturali in Italia. Negli scambi culturali siete soddisfatti di questa influenza?

R. La domanda in Italia di cultura francese è rilevantissima, e lo stesso in Francia per quella italiana. Lo dimostra il successo riportato dalla letteratura e cinematografia italiane. L’interesse è notevole, reciproco. Lo è stato sempre nella storia e ancora oggi è così. Chiediamo sempre più insistentemente che l’offerta culturale assuma dimensioni e livelli europei. A Palermo, per esempio, il Centro culturale francese e il Centro culturale tedesco sono nello stesso edificio. È un passo avanti verso l’integrazione europea.

D. La Francia ha sempre avuto una preponderante influenza in tutta Europa, ma negli ultimi anni sembra un po’ attenuata. Pensate di realizzare nuove iniziative culturali per diffondere quest’amicizia, cultura e civiltà?

R. Dopo la guerra, si è diffusa in misura notevole l’influenza americana. Un fenomeno di ampie dimensioni. Ma debbo ricordare che sul piano economico il primo partner dell’Italia è la Germania e il secondo è la Francia; come pure la Francia è il secondo partner per l’Italia. Sul piano culturale intendiamo sviluppare maggiormente iniziative congiunte, favorire scambi tra artisti, musicisti, registi. La Francia è pronta ad attuare maggiori programmi con l’Italia. Sono felice di constatare ad esempio l’avvio, rispetto a qualche anno fa, di una ripresa del cinema italiano e spero che questo offra nuove opportunità di lavorare insieme.

D. Qual è il suo giudizio complessivo sul Paese che le è stato affidato?

R. Posso dire che l’Italia ha ritrovato il proprio posto in Europa, e la Francia ne è molto felice. Questo conferisce all’associazione Italia-Francia una grande autorevolezza, a beneficio di entrambi i Paesi e di tutta l’Europa. Per dimostrare quanto le relazioni tra l’Italia e la Francia siano a un altissimo livello, ricordo che la visita di Stato del presidente Giorgio Napolitano è stata la prima dopo 22 anni; l’ultima fu quella del presidente Francesco Cossiga nel 1990. 

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